Fibroma uterino – caso clinico 1
Paziente donna, di 45 anni, con senso di pressione addominale, dolori abbondanti al ciclo e necessità di andare al bagno ripetutamente.
3 gravidanze a termine, con sintomatologia in aumento dopo l’ultima gravidanza.
Di fronte alla possibilità dell’isterectomia, la signora sceglie la possibilità di preservare l’organo.
All’ecografia, si evidenzia la presenza di multipli fibromi, in parte intramurali.
Alla Rm, si apprezza la presenza di vari fibromi, di cui il maggiore misura 5,21 per 5,28 cm circa.
Fig 1. Studio RM, sequenza T2, dopo somministrazione di mezzo di contrasto.
Si conferma la presenza di almeno tre fibromi uterini: il maggiore, in parte necrotico, ma ancora ben vascolarizzato, misura cm 5,28 per 5,21 circa; la sua posizione anteriore determina una compressione sull’addome (tanto da poter essere apprezzato alla palpazione dell’addome) e sulla vescica (tanto da obbligarla ad andare in bagno ogni 2-3 ore). Un altro fibroma determina una compressione posteriore e ha misure di 2,4 per 2,3 cm circa. Il terzo, non visibile in questa scansione, misura cm 2,1 per 2,8 circa e si localizza superiormente.
Fig 2. Studio RM, sequenza angio, dopo somministrazione di mezzo di contrasto.
Lo studio, dedicato alla visualizzazione delle arterie uterine, alla esclusione di afferenze da parte delle arterie ovariche, conferma la presenza di una intensa vascolarizzazione dei fibromi e dell’utero.
Le arterie uterine, in particolare, si mostrano ipertrofiche, hanno un decorso molto tortuoso (espressione di un intenso flusso arterioso all’interno) e hanno una origine facile da cateterizzare.
Fig. 3. Arteriografia selettiva
L’arteria iliaca interna, con apposito catetere angiografico diagnostico, è stata cateterizzata selettivamente; poco dopo l’origine, in una fase iniziale dell’acquisizione delle immagini, viene iniettato il mezzo di contrasto, che visualizza le caratteristiche morfologiche [origine, decorso, rami collaterali e calibro] e funzionali [velocità di flusso arterioso] dell’arteria uterina sinistra.
Fig 4. Cateterismo superselettivo
Con l’introduzione di un microcatetere all’interno del catetere angiografico è possibile progredire all’interno dell’arteria uterina, oltre il segmento trasverso dell’arteria [sede di origine dell’arteria cervico vaginale]. L’iniezione di mezzo di contrasto consente di visualizzare la ricca rete vascolare che alimenta sia il fibroma maggiore [in basso], che gli altri [ricca irrorazione superiore]. Attraverso il microcatetere è possibile iniettare la miscela di particelle occludenti e mezzo di contrasto.
Fig. 5 Controllo dopo embolizzazione
Al termine dell’iniezione delle particelle embolizzanti [effettuata con una siringa da insulina, per avere un maggiore controllo della direzione delle particelle], attraverso il microcatetere, si effettua l’iniezione di mezzo di contrasto finale. La vascolarizzazione del fibroma è praticamente annullata, come se fosse stata potata; rimangono dei rami periferici che continuano ad irrorare l’utero, oltre all’arteria cervico vaginale, che è pervia.
Fig 6. Cateterismo selettivo destro
La stessa procedura di cateterismo selettivo dell’arteria uterina viene ripetuto a destra, dopo aver cambiato il catetere diagnostico dedicato. Anche in questo caso, con l’opportuna proiezione obliqua, l’iniezione di mezzo di contrasto consente di visualizzare ottimamente le caratteristiche di percorso del vaso arterioso, facilitando l’acquisizione mentale del tragitto che dovrà effettuare, successivamente, il microcatetere.
Fig 7. Cateterismo superselettivo destro
Anche per questa arteria, viene fatto progredire il microcatetere, attraverso il catetere diagnostico, per guadagnare la fine del segmento trasverso, o l’inizio di quello ascendente, dell’arteria uterina, dove non ci sono rami di suddivisione. L’iniezione di mezzo di contrasto consente di visualizzare la consistente vascolarizzazione dei fibromi, anche se il contributo per il fibroma maggiore è minimo, mentre è massiccio per gli altri due.
Fig 8. Controllo dopo embolizzazione
L’iniezione di mezzo di contrasto, al termine dell’iniezione delle particelle embolizzanti, documenta l’avvenuta occlusione dei rami periferici, il mantenimento del ramo uterino che garantisce l’apporto arterioso all’utero, la preservazione dell’arteria cervico vaginale.
Fig 9. Controllo RM a 3 mesi
Lo studio RM, dopo somministrazione di mezzo di contrasto, documenta l’assenza di flusso arterioso all’interno di due fibromi [il terzo è in un’altra sequenza]; la demarcazione dei fibromi dal resto dell’utero è netta; l’utero continua ad essere completamente vascolarizzato [segnale iperintenso], mentre i fibromi confermano l’esito positivo dell’avvenuta embolizzazione [netto segnale ipointenso]. Lo studio, oltre a convalidare l’efficacia dell’intervento endovascolare, conferma la sicurezza dello stesso, con l’assenza di complicazioni.
Fig 10. Misurazione del fibroma
La misurazione delle dimensioni del fibroma, a 3 mesi dall’avvenuta embolizzazione delle arterie uterine, evidenzia le caratteristiche del fibroma maggiore di cm 5,21 per 4,94 [regressione del 7%].
Il fibroma posteriore misura cm 1,6 per 1,4 circa [regressione 58%]; quello superiore misura cm 1,7 per 1,9 circa [regressione del 46%].
La migliore risposta dei fibromi più piccoli è in relazione alla maggiore vascolarizzazione visibile già nello studio iniziale, mentre quello maggiore, che già presentava ampie zone di necrosi, ha dato una risposta morfologica minore. Clinicamente la signora, a distanza di tre mesi dall’intervento, non ha più i disturbi di prima: non avverte i dolori addominali anche durante il ciclo, è scomparso il senso di pressione addominale, va regolarmente in bagno e guarda con maggior ottimismo la vita.
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