La procedura chirurgica si effettua in un’area compresa tra il plesso pampiniforme, l’arteria testicolare e il dotto deferente; quindi occorre una approfondita conoscenza anatomica per isolare la vena spermatica adatta alla scleroterapia.
La tecnica è in anestesia locale per gli adulti e in anestesia generale per gli adolescenti.
Sembra particolarmente indicato per curare il varicocele bilaterale con un unico accesso, o per una inclinazione cranio-caudale della vena spermatica interna, di difficile accesso con l’approccio femorale. Grazie alla progressione cranio-caudale del filo guida e del catetere angiografico presenta il percorso più rettilineo, in grado di esercitare la massima spinta; ciò può risultare particolarmente utile nel varicocele pediatrico, dove lo spasmo per cateterismo femorale è la regola. Inoltre, ha le caratteristiche dell’ambulatorietà dell’intervento e la massima accettabilità da parte del paziente.
Per trattamento percutaneo s’intende l’occlusione della vena spermatica interna, partendo da un accesso vascolare non chirurgico; attraverso manovre di cateterismo e visione radioscopica delle strutture anatomiche, durante l’iniezione di mezzo di contrasto, è possibile identificare il circolo patologico e chiuderlo tramite agenti embolizzanti
Questa opzione terapeutica si è imposta gradatamente; da un primitivo utilizzo della sola flebografia, per fornire spiegazioni della persistenza di un reflusso, dopo intervento chirurgico, si è passati alla contemporanea introduzione di agenti embolizzanti durante la fase diagnostica, configurandolo come un intervento alternativa alla chirurgia. L’assenza di un’anestesia generale, la non necessità di ricorrere ad un ricovero ospedaliero, la selettività di azione, oltre alla dimostrazione della complessità anatomica delle vene che sostengono un varicocele, e la non presenza dei fastidiosi effetti collaterali di un intervento chirurgico, come l’idrocele, ne hanno aumentato il ruolo e lo spazio di azione.
Agenti embolizzanti
Oggi, come agenti embolizzanti, si preferisce impiegare una schiuma di sodiotetradecilsolfato [embolizzante liquido che, unito ad alcuni cc di aria e miscelato con vigore tramite due siringhe confluenti, può garantire una omogenea distribuzione lungo le pareti del vaso venoso], piuttosto che l’alcool [agente embolizzante liquido, molto attivo sulle pareti venose, ma estremamente doloroso], o le spirali [embolizzante meccanico che garantisce la chiusura del vaso sulla base della conformazione spiraliforme che assume, una volta rilasciato dal catetere; il calibro del vaso che varia in funzione del respiro e della situazione che il paziente sta vivendo, oltre ad un non corretto sovradimensionamento del calibro, possono creare i presupposti per una loro migrazione].
Tecnica
La tecnica prevede un accesso percutaneo [in anestesia locale – quello più comune è il femorale, che necessita di cateteri angiografici con conformazione cobra; meno utilizzati sono quello brachiale e giugulare, che necessitano di cateteri multipurpose – l’impiego di un introduttore valvolato, sebbene facoltativo, è consigliabile, per avere sempre una vena di servizio, da cui poter iniettare dei farmaci, evitando due punture al paziente], la navigazione verso la vena renale [l’impiego della guida idrofilica, su cui fare scorrere il catetere angiografico si è rivelata una ottima scelta tecnica, per la maggiore scorrevolezza del complesso – la visione radioscopica diretta consente di evitare errori di direzione – nella progressione caudo-craniale dell’accesso femorale, estremamente utile quando la vena renale è diretta verso l’alto, la guida viene fatta scorrere filo all’ilo renale; la punta del catetere cobra, una volta ritirata lentamente il filo guida, si troverà a contatto con la confluenza della vena spermatica interna o con la parete inferiore della vena renale sinistra – nella navigazione cranio-caudale, garantita dagli altri due accessi venosi, ideale per un decorso orizzontale e caudale della vena renale, l’ingresso del filo guida nella vena verrà agevolato da una profonda inspirazione], la flebografia diagnostica [l’iniezione di mezzo di contrasto, effettuata con la punta del catetere quasi nell’ilo renale, durante l’esecuzione di una manovra di Valsalva, ha lo scopo di evidenziare l’anatomia della vena, l’inclinazione del decorso della vena renale, l’esistenza di un reflusso nella vena spermatica interna e, quindi, dove questa confluisce nella vena renale – oltre al fisiologico decorso tra l’aorta e l’arteria mesenterica superiore, alcune anomalie della vena renale sono state chiamate in causa per tentare di fornire una spiegazione alla genesi del varicocele; il tipo pre-aortico rappresenta l’80-90% delle condizioni, quello totalmente retro-aortico rappresenta il 3-4%, mentre quello circum-aortico rappresenta il rimanente 6-10% dei pazienti. Queste condizioni potrebbero generare un regime ipertensivo, che favorirebbe il reflusso venoso all’interno della vena spermatica interna ], il cateterismo selettivo [sono l’insieme di manovre con cui si cerca di fare progredire prima il filo guida all’interno della vena spermatica, per costituire il supporto su cui fare scorrere il catetere diagnostico], la dimostrazione dell’anatomia venosa per la scelta del punto più idoneo dove iniettare il farmaco sclerosante, la terapia [sclerotizzazione, se solo iniezione di un farmaco; oggi sodiotetradecilsolfato al 3%, miscelato ad aria (2cc di farmaco con 5 cc di aria), ciascuna in una siringa, miscelate tra loro tramite un rubinetto, in grado di aderire meglio alle pareti della vena spermatica interna, in modo da determinare una irritazione chimica, a cui seguirà, nell’arco di 15 giorni, un processo infiammatorio, riparativo, che porterà alla cicatrizzazione del vaso.
Non ha il rischio di mobilizzazione della spirale. L’iniezione di farmaco dovrebbe iniziare all’interno del canale inguinale interno, per continuare lungo tutto il tragitto della vena, parallelamente alla lenta retrazione del catetere angiografico, fino a circa 2-3 cm dalla confluenza della vena spermatica in renale. Per prevenire il passaggio del farmaco all’interno del sacco spermatico viene posizionata una pressa esterna, oppure si fa ritirare verso l’alto il sacco scrotale, in modo da clampare la vena ed evitare una fastidiosa flebite a tale livello – embolizzazione, se solo rilascio di una spirale o altro agente meccanico in grado di occludere il vaso venoso. Questa tecnica prevede la scelta del presidio sulla base del diametro della vena, con una maggiorazione del 10-20%, in modo da farla aderire alle pareti. L’enorme variabilità di dilatazione di tale vaso (per cui il calibro reale difficilmente è quello misurato), con migrazione della spirale, i costi elevati, ne hanno gradatamente consigliato l’abbandono – scleroembolizzazione è l’unione delle due opzioni terapeutiche].
Post-intervento
Dopo l’intervento, il paziente osserverà un periodo di riposo assoluto, per tre giorni, e una fase di riposo relativo, con astensione dagli sforzi fisici almeno per 15 giorni, per evitare la riapertura della vena sclerotizzata.
A distanza di due-tre mesi dall’intervento, seguirà la valutazione dei risultati ottenuti, con un nuova visita specialistica [oltre all’accertamento della scomparsa dei sintomi, si verificherà la scomparsa delle ectasie venose e la consistenza del funicolo spermatico], con un eco-color-Doppler [si cercherà la scomparsa del reflusso venoso, sempre durante l’esecuzione della manovra di Valsalva, anche se l’esame è in grado di evidenziare la presenza di una riduzione del calibro delle vene, la presenza di trombosi all’interno e la reazione infiammatoria peri-venosa]. A distanza di sei mesi dall’intervento, l’analisi del liquido seminale confermerà, o meno, la variazione dei parametri quali-quantitativi.
Nel tempo, numerose sono state le telefonate di ragazzi con precedenti problemi ad avere figli, che ci davano la bella notizia di essere riusciti a mettere in cinta la propria moglie o la compagna, a distanza di 3-6 mesi dall’intervento radiologico.
Il Dottor Agresti e Pieri sono a vostra disposizione per una visita o un consulto. Potete chiamarci liberamente usando i contatti in fondo al sito o dalla pagina contatti.
Segue la serie di pubblicazioni di approfondimento sul Varicocele. Qui potete trovare gli articoli precedenti.
Non esistendo una terapia medica, la prima soluzione adottata è stata quella chirurgica. Questa, per lungo tempo, è stata indirizzata al trattamento dei varicoceli sintomatici, mentre oggi è prevalente la cura dell’infertilità di coppia, visto che, nel tempo, sono stati numerosi gli studi clinici che hanno segnalato una ripresa dei parametri del liquido seminale, dopo la correzione del varicocele: il recupero della concentrazione, della motilità e della morfologia ha incentivato e giustificato il ricorso a questa opzione terapeutica; la differente entità di questo recupero è ancora motivo di dibattito scientifico, non essendo ancora stato individuato un pattern specifico e caratteristico del danno seminale da varicocele, anche se opinione diffusa che la prima lesione avviene a livello della morfologia degli spermatozoi. Successivamente è la motilità ad essere interessata; in ultimo è la concentrazione ad essere danneggiata.
Sebbene sia stata soppiantata come metodica diagnostica dall’introduzione dell’ecografia e dall’eco-color-Doppler, continua a mantenere intatto il suo fascino per la possibilità di evidenziare direttamente il reflusso venoso che caratterizza il varicocele, il tipo di questo meccanismo patogenetico, secondo la classificazione di Coolsaet. Mentre prima poteva essere effettuata come indipendente atto diagnostico pre-operatorio, poi, in virtù dell’invasività, dei costi e dell’esposizione radiologica, oggi è impiegata quasi esclusivamente come primo atto del trattamento di radiologia interventistica, con accesso percutaneo.
Se il varicocele rappresenta una delle più comuni cause d’infertilità maschile [prevalenza nella popolazione generale = 11,8% – prevalenza nella popolazione infertile = 25,5%], l’evidenza che la correzione endovascolare o chirurgica del varicocele frequentemente si accompagna ad un miglioramento di tutti i parametri del liquido seminale ha stimolato la ricerca di parametri prognostici, in grado di selezionare i pazienti che possono maggiormente avvantaggiarsi di queste opzioni terapeutiche e coloro che non hanno queste potenzialità di miglioramento.
L’entità di alterazione del tubulo seminifero è apparsa costituire una valida informazione in tale senso; mentre la agobiopsia risulta essere troppo invasiva per poter essere proposta di routine, viceversa l’agoaspirato potrebbe fornire queste importanti informazioni.
Per molti anni, vari ricercatori hanno sospettato che il varicocele fosse caratterizzato da un difetto testicolare, responsabile di alterazioni ormonali, oltre che delle caratteristiche del liquido seminale. La mancanza di riscontri specifici e la estrema variabilità di risultati ottenuti ha reso la diagnostica ormonale obsoleta ed inutile; al giorno d’oggi è tesa ad escludere la presenza di altre patologie che ha confermare l’esistenza di un varicocele.
Le ipotesi fisiopatologiche che hanno cercato di fornire una spiegazione plausibile per i danni associati al varicocele sono quattro: una insufficiente ossigenazione del testicolo e quella di reflusso dei cataboliti surrenalici sono scarsamente suffragate da studi clinici e da dati sperimentali; viceversa il rialzo termico intratesticolare e l’alterata produzione di androgeni sono stati convalidati da numerosi riscontri sperimentali.
In passato, costituiva una indagine tesa a dimostrare un aumento della temperatura a livello del sacco scrotale, a conferma della teoria dell’ipertermia, quale conseguenza del reflusso venoso. Parallelamente, era eseguita anche dopo l’intervento chirurgico correttivo, a confermare la scomparsa di questa alterazione.
L’avvento del Doppler e dell’eco-color-Doppler ha fatto scomparire questa opzione diagnostica.
Ecografia ed eco-color-Doppler
L’avvento del Doppler, negli anni ‘80-90 aveva segnato una vera svolta nella diagnostica strumentale; la possibilità di “sentire” il reflusso e poterlo quantificare aveva consentito di poter effettuare una valutazione più completa del paziente.
Questi era posto in stazione eretta, con la sonda applicata a livello del punto di aggancio del sacco scrotale all’inguine; veniva ricercata l’arteria spermatica, che costituiva un valido e costante punto di repere, Alleggerendo la pressione della sonda e spostandola, si cercava il segnale venoso aiutandosi con una compressione del sacco scrotale o dell’inguine. Il segnale venoso, simile a quello degli arti inferiori, si traduce acusticamente in un caratteristico suono di “vento soffiante”, evocato maggiormente con la manovra di Valsalva. Sulla base della sua durata, era stata stabilita una classificazione:
stadio 0: durata minore di 1” – reflusso fisiologico, presupponeva l’esistenza di un meccanismo di valvole competenti, per cui quello che veniva avvertito era la colonna venosa della vena spermatica interna che veniva spostato dalla manovra di Valsalva.
stadio 1: durata inferiore a 2” – reflusso medio, o moderato, che termina prima della fine della manovra di Valsalva; con questo s’identificavano i soggetti con varicocele asintomatico.
stadio 2: durata maggiore di 2” – reflusso elevato, identificava i pazienti il cui reflusso venoso era presente per tutta la durata della manovra di Valsalva; era l’estressione dei pazienti con varicocele sintomatico.
stadio 3: reflusso presente anche senza effettuare la manovra di Valsalva, espressione di una grave incontinenza venosa e uno stato ipertensivo permanente.
Rilevazione doppler
L’avvento dell’ecografia e dell’eco-color-Doppler ne ha parzialmente modificato il ruolo, integrando questi concetti con la visione, in tempo reale, delle varie strutture presenti nel funicolo spermatico e del loro comportamento dinamico.
Ecocolor Doppler
La recente consapevolezza che un varicocele subclinico possa determinare un’alterazione della spermatogenesi ha incitato i clinici a ricorrere sempre più massicciamente e sempre più precocemente ad una diagnostica per immagini sempre più sofisticata. Inoltre, la dimostrazione che i varicoceli clinici di grado elevato sono responsabili delle maggiori alterazioni che si registrano nel liquido spermatico e che questo ultimi rispondono meglio alla loro correzione, ha accentuato la accuratezza nella quantificazione del reflusso venoso.
Quesiti
I quesiti a cui deve fornire una risposta colui che effettua l’esame diagnostico sono numerosi:
“C’è un reflusso venoso patologico?”
Con la sola ecografia è possibile evidenziare, all’interno del funicolo spermatico, la presenza di ectasie venose, di diametro superiore ai 3 mm, che aumentano ulteriormente il loro diametro durante l’effettuazione della manovra di Valsalva [falsi negativi = varicoceli minori, in cui è massima la dilatazione venosa, ma minimo il reflusso – falsi positivi = pazienti operati, dove la stasi venosa, secondaria all’ipotonia può concretizzarsi in varicosità]. L’eco-color-Doppler, combinando anche il segnale colore alla scala dei grigi, è in grado di dimostrare la presenza e la durata del reflusso, superiore ai 2”.
“Qual è l’entità di questo reflusso?”
Con la sonda posta in regione sopratesticolare è possibile evidenziare facilmente se si è in presenza di una varicosità venosa e c’è un reflusso spontaneo basale [grado 4], oppure si manifesta solo con le manovre di Valsalva [grado 3], oppure è debole, pur effettuando le manovre di Valsalva, in presenza di varicosità venose notevoli [grado 5].
Nel caso le varicosità siano minime, occorre spostare la sonda ecografica più a monte, in regione funicolare sopratesticolare; in questa sede, oltre alla modica dilatazione dei vasi venosi, si potrà evocare e dimostrare un reflusso che arriva solo fino all’epididimo [grado 2]; oppure, tale reflusso, che apparirà come una “fiammata rossa”, con il reflusso visto in avvicinamento, rimarrà confinata al tratto funicolare alto [grado 1]; in ultimo, tale “fiammata”, molto fugace, tanto da non superare 1”, deve essere interpretata come il semplice rimbalzo della colonna di sangue all’interno della vena spermatica interna [grado 0].
“Di che tipo è il reflusso?”
Nel 1980, Coolsaet ha proposto una classificazione radiologica [Tipo I : è il reflusso reno spermatico; Tipo II : è il reflusso iliaco – spermatico; Tipo III: è la combinazione dei due precedenti], sulla base del quale poteva essere orientata la soluzione terapeutica chirurgica.
Per poterla convalidare a livello di eco-color-Doppler occorre comprimere a livello addominale, in modo da escludere una provenienza alta del reflusso. Non tutti sono concordi in questa valutazione, per la possibilità di una notevole soggettività nell’effettuare tale indagine.
“Esiste una vera bilateralità?”
La visualizzazione di dilatazioni venose anche nel funicolo spermatico destro ha indotto molti a parlare di varicocele destro; tale dilatazione potrebbe essere conseguenza di vasi comunicanti con il testicolo controlaterale [per cui la sola correzione del varicocele sinistro, porterebbe alla correzione anche di quello destro]. Solo la dimostrazione che tale dilatazione, e il reflusso, sono presenti nel canale inguinale possono indurre a diagnosticare un varicocele destro.
Inoltre, la diversa anatomia della vena spermatica interna destra [che sbocca molto più frequentemente in vena cava inferiore che a livello della vena renale destra] giustifica il minore reflusso evocabile a tale livello; per cui un minore grado di reflusso registrato a tale livello può avere una maggiore corrispondenza nella gravità del varicocele destro.
“In quali condizioni si trovano le gonadi?”
La valutazione del volume testicolare è parte integrante dell’esame ecografico; applicando la formula dell’ellissoide si fornisce una misurazione più accurata dei comuni orchidometri, che considerano inevitabilmente anche gli involucri dello scroto. Una differenza di volume tra i due testicoli, superiore al 25-30%, è espressione di una discrepanza di sviluppo, quindi indicazione al trattamento.
“Persistenza o recidiva?”
Si parla di persistenza di varicocele, se il quadro eco-color-Doppler è invariato rispetto a quello effettuato prima dell’intervento; si parla di recidiva, se il quadro eco-color-Doppler è di grado inferiore, rispetto a quello effettuato prima dell’intervento.
La prossima settimana l’ottavo appuntamento con gli approfondimenti sul Varicocele. Si parlerà di diagnosi endocrina e seminologica.
L’anamnesi, molto spesso, è scarna o silente; solo in una minoranza di casi, il paziente riferisce la comparsa di una dolenzia, non sempre costante, a livello della fossa iliaca sinistra o riferita al testicolo. Dolenzia che tende poi a sparire, per essere sostituita da una senso di pesantezza, o calore, che può rimanere localizzato o irradiarsi alla coscia.
Negli ultimi anni, la motivazione che conduce a visita è l’infertilità, cioè la difficoltà a procreare, anche dopo un anno di rapporti costanti e non protetti.
Da sempre, il varicocele è stata considerata una patologia dell’adulto, scoperta dopo i 18 anni, alla visita di leva, a cui era sottoposta, obbligatoriamente, tutta la popolazione italiana. Con il prevalere del concetto di prevenzione, con la scomparsa della visita di leva e con lento prevalere del pediatra di base, oggi, maggiore attenzione è dedicata ai soggetti prepubere.