Aggiornamento n.3 sull’HCC: epatocarcinoma
Continua da HCC: epatocarcinoma, aggiornamento n.2
I criteri di Milano sono alla base dei trapianti di fegato e garantiscono la migliore percentuale di sopravvivenza, con maggiore periodo libero da malattia e un minore rischio di recidive. Questi criteri di dicono che trattamenti adiuvanti debbono essere messi in campo se la permanenza in lista supera i 6 mesi.
Con l’invecchiamento della popolazione e con il modificarsi degli stili di vita, la selezione dei criteri si amplia. Up to seven è la novità; la somma delle dimensioni o del numero di noduli di HCC arriva a 7.
Oltre a questo criterio, si tende a valutare il paziente anche sulla base della risposta biologica ai trattamenti: se risponde bene alla CEAT, allora si potrebbe soprassedere sulla sua necessità di trapianto e magari fare passare avanti un paziente che ha risposto male alle terapie loco-regionali (biologia negativa): criterio di urgenza o di accelerazione in lista.
Un tumore ricorre precocemente, entro i 2 anni? O c’era una invasione vascolare che non è stata diagnosticata in precedenza, oppure il chirurgo non aveva resecato bene o il radiologo interventista non aveva trattato bene. Questo paziente dovrebbe avere una facilitazione vero l’OLT.
Più il tumore è grande (> di 5 cm), maggiore è il rischio di recidive locali e maggiore il rischio di ripresa di malattia. La terapia con il lipiodol diminuisce il rischio di recidive. Mentre è del 29% il rischio di recidive/ripresa di malattia anche dopo una CEAT di successo.
Come prevenire la recidiva?
Ci si basa sempre sulla selezione del paziente, sull’impiego della migliore terapia bridge, prima o dopo resezione o OLT; è la dimensione del tumore a dettare la percentuale di recidive. La ricorrenza dopo termoablazione a RF è influenzata dall’iniziale dimensione del tumore: se di 3 cm, tale percentuale è vicina allo 0; se arriva a 5 cm, tale percentuale s’impenna.
Biopsia e termoablazione sono le pratiche mediche che presentano maggiori rischi di sanguinamento (1%), mentre la CEAT ha maggiori rischi di ematoma (2% – tale percentuale non cambia se s’impiega l’angioseal). L’unica forma di prevenzione è la sospensione della terapia (ticlopidina e aspirina almeno una settimana prima), oltre alla correzione dei parametri emociagulativi.
Radioembolizzazione
La radioembolizzazione è una nuova opzione terapeutica, dove particelle di 20-40 micron, precaricate di ittrio, emettono radiazioni con un raggio di azione di 2,5 mm, per cui entrano fino nei sinusoidi e irradiano il contesto (le terasphere, in vetro, della NORDION hanno meno effetto embolizzante e più radiante, le sirsfere, in resina, hanno un effetto inverso, anche se, sostanzialmente, non ci sono differenze di risultati).
Al pari della chirurgia, consente una pianificazione e una strategia terapeutica monolabare o bilobare, quest’ultima effettuata ad 1 mese di distanza (in seconda battuta, potrebbe essere effettuata solo l’embolizzazione con particelle di piccole dimensioni).
Mentre per le indicazioni, queste si stanno progressivamente ampliando oltre i casi di pazienti con timore primitivo o secondario del fegato con trombosi portale, le controindicazioni rimangono legate alla presenza di un reflusso di sangue verso organi non target: esofago, stomaco, polmone, duodeno. Oppure un paziente che abbia già effettuato una terapia radiante sul fegato o la presenza di uno shunt epato-polmonare.
La procedura in 3 tempi
1°) studio panoramico dell’aorta addominale, della vascolarizzazione del fegato, della presenza di varianti anatomiche – nello stesso tempo, qualora presenti si effettua l’embolizzazione di tutti i rami arteriosi che possono portare le particelle caricate di ittrio radioattivo in organi non desiderati, quindi distolgono il flusso arterioso dal tumore da trattare (embolizzazione dell’arteria gastroduodenale per prevenire ulcere duodenali, della gastrica sinistra se è provata l’origina da un’arteria epatica, delle connessioni con l’esofago, dell’arteria cistica per evitare una colecistite attinica). Al paziente vengono iniettati i macroaggregati di albumina ed è inviato in medicina nucleare per effettuare la scintigrafia, che dovrà confermare o escludere la presenza di uno shunt epato-polmonare. Viene effettuata la volumetria TC per calcolare anche la dose di farmaco da ordinare.
2°) effettuazione dell’intervento di radioembolizzazione – il nuovo mappaggio vascolare del fegato serve a confermare la natura e l’efficacia delle occlusioni e la centralizazzione del flusso; se sono presenti altri shunt, questi vengono embolizzati (shunt maggiori del 20% sono una controindicazione all’intervento); infine viene iniettato il radiofarmaco. La verifica della sicurezza avviene con la PET –TC a 1 ora dall’intervento.
3°) tempo – il controllo TC a 1 e 3 mesi ci danno la conferma della diminuzione del diametro della lesione, la percentuale di necrosi, la presenza o meno di complicazioni.
Mentre il primo esame può essere inficiato dalla presenza di un alone ipervascolarizzato intorno alla lesione, espressione dei fenomeni infiammatori destinati alla riparazione, il secondo tiene conto di una maggiore stabilità dei risultati dell’intervento. Su questi ultimi possono essere prese ulteriori decisioni diagnostico terapeutiche.
E’ possibile immaginare una segmentectomia effettuato con l’intervento di radioembolizazzione, o addirittura una lobectomia, con comparsa di una ipertrofia del lobo controlaterale (segnalata in un 26-45%, maggiore di quella riportata con l’embolizzazione portale percutanea). Il tumore ipovascolarizzato è trattato come se fosse regolarmente vascolarizzato, in virtù dei piccoli calibri delle particelle: occorre solo calcolare il volume della lesione.
Potrebbe essere in intervento effettuato in 2 soli centri in Italia, per contenere la spesa e limitare le indicazioni.
Le trombosi portali lobari, dopo la radioembolizzazione, possono andare alla resecabilità; l’importante è la massima selezione del paziente. La presenza di shunt porta ad una embolizzazione preventiva, per poi passare alla radioembolizzazione. E’ possibile effettuarla anche in caso di trombosi portale, perché comporta una lieve embolizzazione, rispetto alla terapia radiante che è maggiore.
Costi per un paziente:
- Sorafenib 12.000
- Tace 13.400
- Tare 26.000
Il rimborso garantito dai DRG è nettamente inferiore per la TARE, un po’ meno per gli altri due.