Interventi C1 – Trattamento varicocele maschile
Problemi ad avere figli: 32 anni e un varicocele diagnosticato. Esiste un’alternativa alla chirurgia?
Ho 32 anni, ho un varicocele già diagnosticato e ho problemi ad avere figli. Esiste un’alternativa alla chirurgia per risolvere il problema?
Continua a leggereTrattamento radiologico del varicocele
Introduzione alla problematica clinica
Il varicocele e la sua associazione con l’infertilità maschile è riconosciuta da secoli. Il primo articolo che riportava il miglioramento dei parametri del liquido seminale e una gravidanza dopo la riparazione del varicocele è di Barwell nel 1885.
Maggiore attenzione alla correzione chirurgica del varicocele è stata data dopo l’articolo di Tulloch, che ha descritto il caso di un paziente azoospermico e con varicocele bilaterale che, dopo una varicocelectomia è tornato normospermico e la moglie ha concepito.
Il varicocele è una dilatazione delle vene del plesso pampiniforme, all’interno del funicolo spermatico; l’incidenza della malattia varia da studio a studio, ma si localizza in un 14-16 % della popolazione globale; tale percentuale cresce nella popolazione infertile, arrivando ad un 40%.
La maggior parte degli studi riporta che circa il 78-93% dei varicoceli sono localizzati a sinistra; questo è stato messo in relazione al differente drenaggio tra i due lati.
Sebbene la maggior parte dei varicoceli siano a sinistra, i rimanenti (7-22%) sono bilaterali, con casi occasionali esclusivamente a destra.
Continua a leggereVaricocele. Follow-up
Clinico
Nonostante il passare degli anni, il dilemma terapeutico dell’efficacia del trattamento del varicocele rimane insoluto. Sebbene ci siano numerosi articoli sui vantaggi ottenuti, in termini di guarigione clinica, di miglioramento dei parametri del liquido seminale e sul numero di gravidanze ottenute, solo uno studio prospettico, randomizzato e controllato potrebbe mettere la parola fine a tale dilemma.
Sicuramente c’è una convergenza quasi unanime che il trattamento è una parte importante nella risoluzione dei problemi dell’infertilità di coppia, da causa maschile; la terapia medica può costituire una valido supporto, sia prima del trattamento, per verificare l’ampiezza del possibile miglioramento, sia dopo, quando il miglioramento può essere inizialmente inficiato dai postumi di un intervento.
Continua a leggereAltri trattamenti chirurgici del varicocele
Terapia laparoscopica
Nata con l’intento di offrire una soluzione chirurgica meno invasiva e meno traumatica, per favorire una più celere guarigione della ferita chirurgica e una ripresa funzionale, ripropone le tecniche di Ivanisevich e di Palomo, senza il taglio chirurgico, ma con tre fori di accesso:
- uno in sede ombelicale per inserire l’ottica
- due a livello pubico, per poter operare a livello del funicolo spermatico nei pressi dell’anello inguinale interno.
Eventuali controindicazioni all’effettuazione di questa soluzione terapeutica sono la presenza di pregressi interventi addominale, dove è presumibile l’esistenza di cicatrici e aderenze, che possono ostacolare la progressione del gas e la preparazione di un adeguato campo di visione. Altra controindicazione è rappresentata dai pazienti obesi e in presenza di insufficienza respiratoria.
Continua a leggereTrattamento chirurgico del varicocele
Legatura soprainguinale
E’ la tecnica di Palomo, con una legatura della vena spermatica interna a livello della sua confluenza nella vena renale, comprendendo anche l’arteria spermatica. In questo modo si tenta di prevenire l’insorgenza di recidive.
Procedura
Incisione del piano cutaneo a livello para-rettale sinistra, 2 cm sotto la linea bis-iliaca – prevede l’incisione della fascia del muscolo obliquo esterno e la divaricazione delle sue fibre, poi di quelle del muscolo obliquo interno e del trasverso – si riconosce il muscolo psoas, che è la porzione laterale del campo operatorio; medialmente c’è il fascio vascolare spermatico – identificazione e preservazione dell’arteria spermatica, identificazione e legatura vena spermatica, ricerca di eventuali collaterali – emostasi e sintesi dei piami muscolari e cutanei.
Continua a leggereTrattamento anterogrado del varicocele
La procedura chirurgica si effettua in un’area compresa tra il plesso pampiniforme, l’arteria testicolare e il dotto deferente; quindi occorre una approfondita conoscenza anatomica per isolare la vena spermatica adatta alla scleroterapia.
La tecnica è in anestesia locale per gli adulti e in anestesia generale per gli adolescenti.
Continua a leggereVaricocele. Note di tecnica
Accesso transbrachiale
Sembra particolarmente indicato per curare il varicocele bilaterale con un unico accesso, o per una inclinazione cranio-caudale della vena spermatica interna, di difficile accesso con l’approccio femorale. Grazie alla progressione cranio-caudale del filo guida e del catetere angiografico presenta il percorso più rettilineo, in grado di esercitare la massima spinta; ciò può risultare particolarmente utile nel varicocele pediatrico, dove lo spasmo per cateterismo femorale è la regola. Inoltre, ha le caratteristiche dell’ambulatorietà dell’intervento e la massima accettabilità da parte del paziente.
Continua a leggereTrattamento percutaneo del varicocele
Per trattamento percutaneo s’intende l’occlusione della vena spermatica interna, partendo da un accesso vascolare non chirurgico; attraverso manovre di cateterismo e visione radioscopica delle strutture anatomiche, durante l’iniezione di mezzo di contrasto, è possibile identificare il circolo patologico e chiuderlo tramite agenti embolizzanti
Questa opzione terapeutica si è imposta gradatamente; da un primitivo utilizzo della sola flebografia, per fornire spiegazioni della persistenza di un reflusso, dopo intervento chirurgico, si è passati alla contemporanea introduzione di agenti embolizzanti durante la fase diagnostica, configurandolo come un intervento alternativa alla chirurgia. L’assenza di un’anestesia generale, la non necessità di ricorrere ad un ricovero ospedaliero, la selettività di azione, oltre alla dimostrazione della complessità anatomica delle vene che sostengono un varicocele, e la non presenza dei fastidiosi effetti collaterali di un intervento chirurgico, come l’idrocele, ne hanno aumentato il ruolo e lo spazio di azione.
Agenti embolizzanti
Oggi, come agenti embolizzanti, si preferisce impiegare una schiuma di sodiotetradecilsolfato [embolizzante liquido che, unito ad alcuni cc di aria e miscelato con vigore tramite due siringhe confluenti, può garantire una omogenea distribuzione lungo le pareti del vaso venoso], piuttosto che l’alcool [agente embolizzante liquido, molto attivo sulle pareti venose, ma estremamente doloroso], o le spirali [embolizzante meccanico che garantisce la chiusura del vaso sulla base della conformazione spiraliforme che assume, una volta rilasciato dal catetere; il calibro del vaso che varia in funzione del respiro e della situazione che il paziente sta vivendo, oltre ad un non corretto sovradimensionamento del calibro, possono creare i presupposti per una loro migrazione].
Tecnica
La tecnica prevede un accesso percutaneo [in anestesia locale – quello più comune è il femorale, che necessita di cateteri angiografici con conformazione cobra; meno utilizzati sono quello brachiale e giugulare, che necessitano di cateteri multipurpose – l’impiego di un introduttore valvolato, sebbene facoltativo, è consigliabile, per avere sempre una vena di servizio, da cui poter iniettare dei farmaci, evitando due punture al paziente], la navigazione verso la vena renale [l’impiego della guida idrofilica, su cui fare scorrere il catetere angiografico si è rivelata una ottima scelta tecnica, per la maggiore scorrevolezza del complesso – la visione radioscopica diretta consente di evitare errori di direzione – nella progressione caudo-craniale dell’accesso femorale, estremamente utile quando la vena renale è diretta verso l’alto, la guida viene fatta scorrere filo all’ilo renale; la punta del catetere cobra, una volta ritirata lentamente il filo guida, si troverà a contatto con la confluenza della vena spermatica interna o con la parete inferiore della vena renale sinistra – nella navigazione cranio-caudale, garantita dagli altri due accessi venosi, ideale per un decorso orizzontale e caudale della vena renale, l’ingresso del filo guida nella vena verrà agevolato da una profonda inspirazione], la flebografia diagnostica [l’iniezione di mezzo di contrasto, effettuata con la punta del catetere quasi nell’ilo renale, durante l’esecuzione di una manovra di Valsalva, ha lo scopo di evidenziare l’anatomia della vena, l’inclinazione del decorso della vena renale, l’esistenza di un reflusso nella vena spermatica interna e, quindi, dove questa confluisce nella vena renale – oltre al fisiologico decorso tra l’aorta e l’arteria mesenterica superiore, alcune anomalie della vena renale sono state chiamate in causa per tentare di fornire una spiegazione alla genesi del varicocele; il tipo pre-aortico rappresenta l’80-90% delle condizioni, quello totalmente retro-aortico rappresenta il 3-4%, mentre quello circum-aortico rappresenta il rimanente 6-10% dei pazienti. Queste condizioni potrebbero generare un regime ipertensivo, che favorirebbe il reflusso venoso all’interno della vena spermatica interna ], il cateterismo selettivo [sono l’insieme di manovre con cui si cerca di fare progredire prima il filo guida all’interno della vena spermatica, per costituire il supporto su cui fare scorrere il catetere diagnostico], la dimostrazione dell’anatomia venosa per la scelta del punto più idoneo dove iniettare il farmaco sclerosante, la terapia [sclerotizzazione, se solo iniezione di un farmaco; oggi sodiotetradecilsolfato al 3%, miscelato ad aria (2cc di farmaco con 5 cc di aria), ciascuna in una siringa, miscelate tra loro tramite un rubinetto, in grado di aderire meglio alle pareti della vena spermatica interna, in modo da determinare una irritazione chimica, a cui seguirà, nell’arco di 15 giorni, un processo infiammatorio, riparativo, che porterà alla cicatrizzazione del vaso.
Non ha il rischio di mobilizzazione della spirale. L’iniezione di farmaco dovrebbe iniziare all’interno del canale inguinale interno, per continuare lungo tutto il tragitto della vena, parallelamente alla lenta retrazione del catetere angiografico, fino a circa 2-3 cm dalla confluenza della vena spermatica in renale. Per prevenire il passaggio del farmaco all’interno del sacco spermatico viene posizionata una pressa esterna, oppure si fa ritirare verso l’alto il sacco scrotale, in modo da clampare la vena ed evitare una fastidiosa flebite a tale livello – embolizzazione, se solo rilascio di una spirale o altro agente meccanico in grado di occludere il vaso venoso. Questa tecnica prevede la scelta del presidio sulla base del diametro della vena, con una maggiorazione del 10-20%, in modo da farla aderire alle pareti. L’enorme variabilità di dilatazione di tale vaso (per cui il calibro reale difficilmente è quello misurato), con migrazione della spirale, i costi elevati, ne hanno gradatamente consigliato l’abbandono – scleroembolizzazione è l’unione delle due opzioni terapeutiche].
Post-intervento
Dopo l’intervento, il paziente osserverà un periodo di riposo assoluto, per tre giorni, e una fase di riposo relativo, con astensione dagli sforzi fisici almeno per 15 giorni, per evitare la riapertura della vena sclerotizzata.
A distanza di due-tre mesi dall’intervento, seguirà la valutazione dei risultati ottenuti, con un nuova visita specialistica [oltre all’accertamento della scomparsa dei sintomi, si verificherà la scomparsa delle ectasie venose e la consistenza del funicolo spermatico], con un eco-color-Doppler [si cercherà la scomparsa del reflusso venoso, sempre durante l’esecuzione della manovra di Valsalva, anche se l’esame è in grado di evidenziare la presenza di una riduzione del calibro delle vene, la presenza di trombosi all’interno e la reazione infiammatoria peri-venosa]. A distanza di sei mesi dall’intervento, l’analisi del liquido seminale confermerà, o meno, la variazione dei parametri quali-quantitativi.
Nel tempo, numerose sono state le telefonate di ragazzi con precedenti problemi ad avere figli, che ci davano la bella notizia di essere riusciti a mettere in cinta la propria moglie o la compagna, a distanza di 3-6 mesi dall’intervento radiologico.
Il Dottor Agresti e Pieri sono a vostra disposizione per una visita o un consulto. Potete chiamarci liberamente usando i contatti in fondo al sito o dalla pagina contatti.
Continua a leggere