La Radiologia Interventistica è una branca della Radiologia (oggi Diagnostica per immagini), che utilizza le apparecchiature radiologiche (ecografo, TAC, Risonanza magnetica, fluoroscopia), per effettuare interventi mininvasivi, in anestesia locale, attraverso l’inserzione di un ago nella cute, sostitutivi e alternativi al corrispettivo atto chirurgico.
Pur essendo una branca medica, ma configurata nell’ambito dei servizi, effettua prestazioni, anche complesse (non solo la ecografia dell’addome o la TAC della pelvi o la Risonanza della colonna lombo-sacrale) per conto di Unità operative mediche o chirurgiche dell’Ospedale, le sole idonee a ricoverare pazienti, in quanto possessori di letti di ricovero. In virtù di questa impostazione, non esiste un’autonomia clinica dei Radiologi Interventisti, che sono costretti a chiedere agli altri specialisti di prestare un posto letto per il ricovero di un loro paziente, con insorgenza di ovvi conflitti sulle indicazioni e sulla gestione delle responsabilità e delle possibili complicazioni.
Inoltre, in virtù di questa impostazione, non esiste un nomenclatore ufficiale di prestazioni della Radiologia Interventistica, ma occorre ricorrere ad artifici, per arrivare a fare comprendere che quell’intervento è stato effettuato in sala angiografica, della Radiologia Interventistica, e non in sala operatoria.
Eppure i vantaggi offerti dagli interventi di Radiologia Interventistica sono evidenti: la mininvasività (l’ingresso nel corpo umano avviene attraverso una puntura cutanea, o in un vaso arterioso o in una vena, a seconda degli atti terapeutici da effettuare), l’impiego sistematico dell’anestesia locale, cutanea (raramente si ricorre alla sedazione; solo in alcuni interventi si preferisce una sedazione profonda; eccezionalmente può esserci bisogno di un’anestesia generale, a seconda delle caratteristiche del paziente), la selettività d’azione (consente di arrivare in estrema periferia, senza avere la necessità di effettuare ampie aperture), la ridotta degenza ospedaliera (mediamente la degenza è di 1-3 notti, contro un equivalente di 3-5 notti dei corrispondenti atti chirurgici), i diminuiti costi di assistenza ospedaliera (non solo i costi dell’occupazione del posto letto, ma l’assenza di dover necessariamente ricorrere all’assistenza infermieristica), il grado di soddisfazione dei pazienti (che riescono a risolvere la problematica clinica in modo quasi impensabile, senza dolore).
I campi di applicazione sono vari: diagnostica vascolare (in via di estinzione per il sopravvento di software dedicati della TAC e della RM – comunque rimane sempre il primo atto di una procedura interventista), diagnostica extra-vascolare (rimane sostanzialmente la agobiopsia, eco o TAC o RM guidata, a seconda dei distretti corporei – per il resto la diagnosi è affidata alla TAC e alla RM), l’interventisca vascolare (trattamento del varicocele maschile e femminile, angioplastica delle stenosi nei vari distretti arteriosi e venosi, il trattamento del piede diabetico, il trattamento degli aneurismi dei vasi arteriosi, le embolizazzioni, la fibrinolisi, il posizionamento di un filtro cavale, il recupero dei corpi estranei), l’interventistica extravascolare (sclerosi delle cisti renali, posizionamento di un catetere nefrostomico, di un drenaggio biliare, di un drenaggio di un ascesso), l’interventistica oncologica (termoablazione di tumori ossei, di tumori renali, di tumori epatici, chemioembolizzazione di lesioni epatiche).
Trattamento del varicocele maschile = effettuata in Day Hospital – anestesia locale a livello del braccio – puntura della vena basilica, come per un prelievo di sangue – ingresso di un filo guida e di un minicatetere, fatti scorrere nelle vene, sotto il controllo radioscopico – una volta arrivati, iniezione di un farmaco sclerosante, che chiude la vena.
Trattamento del varicocele femminile = effettuata in Day Hospital – anestesia locale a livello del braccio – puntura della vena basilica, come per un prelievo di sangue – ingresso di un filo guida e di un minicatetere, fatti scorrere nelle vene, sotto il controllo radioscopico – una volta arrivati, iniezione di un farmaco sclerosante, che chiude la vena.
Angioplastica (PTA) nel settore venoso = effettuabile in day hospital – anestesia locale – risoluzione di stenosi di fistole artero venose che non consentono una dialisi efficace; oppure di stenosi di vene centrali che si sono sviluppate per un precedente posizionamento di un catetere venoso centrale.
Angioplastica nel settore arterioso = effettuabile con ricovero (degenza 2-3 notti) – anestesia locale – trattamento dei pazienti diabetici, con rivascolarizazzione dell’arto periferico [evitando l’amputazione del piede, o della gamba , o della coscia]; oppure stenosi insorte in pazienti arteriosclerotici, o ipertesi, o fumatori, con deambulazione ridotta; oppure a livello dei rami arteriosi per il rene, in pazienti ipertesi.
Trattamento degli aneurismi dei vasi arteriosi = effettuabile con ricovero ospedaliero (degenza 2-3 notti) – anestesia locale o sedazione profonda (a seconda del tempo d’intervento) – posizionamento di una miniprotesi, o di tappi, o di spirali, che escludono l’aneurisma dal percorso del sangue, in modo da non aumentare più di dimensioni e costituire un pericolo di rottura.
Embolizzazioni per il controllo di emorragia = effettuabile con ricovero – anestesia locale e/o sedazione profonda – possono essere trattati casi non traumatici [emottisi per lesioni polmonari come le bronchiectasie di natura tubercolare – sanguinamenti intestinali da diverticolosi – sanguinamenti da erosione neoplastica – sanguinamenti da fibromi uterini], o traumatici [dopo atti chirurgici, per incompleta chiusura dell’anastomosi – dopo agobiopsia renale – dopo traumi stradali]. Il fatto di poter agire all’interno del sistema circolatorio, l’impiego di materiale estremamente ridotto di dimensioni, ma con elevata tecnologia, consente di poter operare in estrema periferia e in modo molto selettivo e preciso. Dopo la visione della sede da cui fuoriesce sangue, l’emorragia può essere fermata con particelle grandi come granelli di sabbia, o con spirali a vortice che s’incunea nel vaso e blocca la perdita, istantaneamente.
Fibrinolisi per il trattamento delle occlusioni arteriose e venose = nel primo caso sono trombi che ostruiscono la circolazione arteriosa degli arti inferiori, per cui il paziente non può camminare e ha dolore, o degli organi addominali. Nel secondo caso, si tratta di trombi migrati dalla circolazione venosa degli arti inferiori e che migrano nel polmone, causando la temibile embolia polmonare. In tutti e due i casi, è possibile arrivare nella sede dell’ostacolo e sciogliere o rimuovere l’ostacolo.
Posizionamento di un filtro cavale = effettuabile con ricovero, in anestesia locale – si tratta di posizionare un ombrellino nella vena cava inferiore, per evitare che nuovi trombi possano arrivare al polmone, aggravando l’embolia polmonare, in pazienti che non possono effettuare certe terapie anti-trombotiche o che non rispondono ad esse. Questi filtri, una volta risolto il caso clinico, possono essere recuperati, sempre per via percutanea.
Recupero dei corpi estranei = erogabile in day hospital, in anestesia locale – il sempre maggiore utilizzo di atti interventistici ha comportato un incremento delle complicazioni ad essi correlati. La necessità d’impiantare dei presidi a lunga permanenza per somministrare cicli di chemioterapia, effettuare prelievi ematici di controllo, infondere nutrizione parenterale ha creato le premesse per cui una parte di questi cateteri possa spezzarsi e migrare nel torrente venoso. La tecnica percutanea, con un catetere a cappio, consente di evitare un invasivo atto chirurgico, anche se il corpo estraneo si va a localizzare nel cuore o nei polmoni.
Sclerosi delle cisti renali = effettuata con ricovero, in anestesia locale. Si possono pungere le cisti renali sintomatiche, oltre gli 8 cm di diametro, con un ago, sotto il controllo ecografico; attraverso lo stesso ago, s’inserisce un filo guida e, su questo, s’inserisce un catetere. E’ possibile aspirare il liquido della cisti e iniettare l’alcool, che brucia le sole pareti della cisti, facendola seccare.
Posizionamento di un catetere nefrostomico = effettuabile con ricovero, in anestesia locale – si tratta di risolvere temporaneamente una condizione di scarico fisiologico dell’urina, per la presenza di un ostacolo, di varia natura, lungo il percorso rene-uretra. Sotto guida ecografica, si punge il rene e, con lo stesso schema della sclerosi delle cisti, si posiziona il catetere che devia il percorso delle urine, in attesa di trattare l’ostacolo.
Posizionamento di un catetere per il drenaggio biliare = effettuabile con ricovero, in anestesia locale – questa volta l’ostacolo è al naturale deflusso della bile nell’intestino e l’organo da pungere è il fegato, ma i passaggi sono gli stessi.
Posizionamento di un catetere per il drenaggio di un ascesso = effettuabile con ricovero, in anestesia locale – è in genere secondario ad un intervento chirurgico, quindi condizione di relativa urgenza. Le sole terapie mediche non sono sufficienti a risolvere la batteremia, riaprire la ferita chirurgica non viene visto con favore, per cui il drenaggio esterno del pus aiuta a risolvere molto rapidamente una condizione di sepsi.
Termoablazione di tumori ossei, renali, epatici, polmonari = effettuabile con ricovero, in sedazione profonda – si tratta di applicare un ago elettrodo all’interno della lesione neoplastica, inferiore a 5 cm di diametro (tanto piccola da non meritare un atto chirurgico invasivo, specie in pazienti con comorbilità, vista l’età avanzata) ed erogare energia, che si traduce in formazione di calore, sufficiente a bruciare la sola lesione neoplastica. Il posizionamento dell’ago elettrodo avviene sotto la guida di un apparecchio radiologico, per garantire la precisione dell’intervento, ed evitare effetti collaterali.
Chemioembolizzazione di lesioni epatiche = effettuabile in ricovero, in sedazione profonda – si tratta di somministrare un farmaco chemioterapico direttamente nel fegato e solo alle lesioni neoplastiche, che non sono raggiungibili con la termoablazione (molto superficiali o troppo vicine ad altri organi) e sono in numero superiore a 3.