Donna di 43 anni, con cicli mestruali sempre più emorragici, non più controllati con la terapia ormonale, che la obbligano a consumare 3 pacchi di assorbenti. In anamnesi 2 isteroscopie per fibromi. Hb = 9,8. I controlli ecografici indicano la presenza di 3 fibromi, di cui uno intramurale con sconfinamento sottomucoso, in costante accrescimento. La paziente, con già 2 gravidanze alle spalle rifiuat la soluzione dell’isterectomia.
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L’embolizzazione delle arterie uterine in radiologia interventistica è una terapia percutanea guidata dalle tecniche d’imaging, in grado di offrire un’alternativa alla terapia ormonale cronica e alle tradizionali procedure chirurgiche, come la miomectomia e l’isterectomia, una importante assistenza alla donna con fibromi sanguinanti.
L’embolizzazione deve essere offerta solo alle pazienti con un fibroma uterino sintomatico.
I sintomi del fibroma uterino
Un sanguinamento mestruale importante, il dolore pelvico, la pesantezza e il fastidio pelvico, la frequenza ad urinare o l’incontinenza, il senso di pesantezza rettale sono le manifestazioni sintomatologiche che richiamano l’attenzione. Oltre alle indicazioni al trattamento, ogni paziente deve essere messa a conoscenza delle varie opportunità terapeutiche, tramite un incontro interdisciplinare tra ginecologo e radiologo interventista.
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Introduzione alla problematica clinica
Il varicocele e la sua associazione con l’infertilità maschile è riconosciuta da secoli. Il primo articolo che riportava il miglioramento dei parametri del liquido seminale e una gravidanza dopo la riparazione del varicocele è di Barwell nel 1885.
Maggiore attenzione alla correzione chirurgica del varicocele è stata data dopo l’articolo di Tulloch, che ha descritto il caso di un paziente azoospermico e con varicocele bilaterale che, dopo una varicocelectomia è tornato normospermico e la moglie ha concepito.
Il varicocele è una dilatazione delle vene del plesso pampiniforme, all’interno del funicolo spermatico; l’incidenza della malattia varia da studio a studio, ma si localizza in un 14-16 % della popolazione globale; tale percentuale cresce nella popolazione infertile, arrivando ad un 40%.
La maggior parte degli studi riporta che circa il 78-93% dei varicoceli sono localizzati a sinistra; questo è stato messo in relazione al differente drenaggio tra i due lati.
Sebbene la maggior parte dei varicoceli siano a sinistra, i rimanenti (7-22%) sono bilaterali, con casi occasionali esclusivamente a destra.
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ROMA 16-19 Ottobre 2016, 91° Congresso nazionale SIGO
Approccio transbrachiale per il trattamento dei leiomiomi uterini con embolizzazione delle arterie uterine: preliminare esperienza clinica
Autori: Dott. Stefano Pieri, Marasca E, Moreschi E, Di Felice M, Calcagni M, Agresti P, Starita A. (Radiologia Interventistica
Az. Osp. “S.Camillo-Forlanini” – ROMA)
Embolizzazione dei fibromi uterini
I fibromi uterini, o miomi, sono tumori benigni delle cellule muscolari liscie dell’utero. Sulla base della localizzazione negli strati dell’utero sono classificati in: sottosierosi, intramurali e sottomucosi.
Fibroma uterino
Tutti sono abbondantemene irrorati e vascolarizzati; i sottomucosi sono maggiormente responsabili dei sanguinamenti intensi e copiosi e d’infertilità – gli intramurali sono maggiormente responsabili dei dolori addominali e delle metrorragie – i sottosierosi dei sintomi da compressione.
La terapia medica si basa sugli analoghi dell’ormone che rilascia le gonadotropine, per indurre una ovariectomia, o con i progestinici per controllare i fenomeni emorragici; ha un effetto temporaneo di riduzione del volume dei fibromi, in vista della soluzione chirurgica.
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Caso clinico di fibroma uterino
Donna di 39 anni, con cicli mestruali sempre abbondanti, molto emorragici, non più controllati con la terapia ormonale. Hb = 10,8. I controlli ecografici indicano la presenza di 2 fibromi, di cui uno intramurale con sconfinamento sottomucoso, in costante accrescimento. La paziente, non ha avuto gravidanze, vorrebbe provare e non vuole sottoporsi ad interventi chirurgici.
Autore: Dott. Stefano PIERI
Indicazioni: Il fibroma uterino sintomatico, non sensibile alla terapia ormonale, specie se con localizzazione intramurale, rappresenta la migliore indicazione per una embolizzazione.
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Embolia polmonare, introduzione
L’embolia polmonare acuta è una quadro clinico che, potenzialmente, può mettere in serio pericolo la vita di un paziente.
Sulla base di diversi parametri, l’embolia polmonare può essere stratificata in ad elevato rischio, a rischio intermedio, a basso rischio. La stratificazione del rischio è importante, perché presuppone scelte terapeutiche e prognosi differenti.
Le percentuali di mortalità sono elevate quando il paziente si presenta con uno shock emodinamico (molto spesso legata ad una disfunzione del ventricolo destro) e nella prima ora dall’accaduto. Quelli che sopravvivono, se non adeguatamente diagnosticati e trattati, sono a rischio di andare incontro ad una recidiva di embolia o allo sviluppo di una ipertensione polmonare cronica.
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Attuale evidenza: embolizzazione fibroma uterino
Nell’arco degli ultimo 10 anni, l’embolizzazione delle arterie uterine si è imposta nell’ambito delle soluzioni terapeutiche per la gestione del fibroma uterino. E’ un nuovo approccio, basata sull’intensa ischemia, che causa la necrosi del fibroma; prima di allora, i ginecologi conoscevano solo la terapia medica e quella chirurgica, isterectomia o miomectomia.
Dopo gli iniziali studi sulla sicurezza e sull’efficacia, cominciano a comparire studi sul miglioramento dei sintomi, sul miglioramento della qualità della vita, sulla comparazione dei risultati, sulla tecnica da impiegare e sui materiali da utilizzare, ma anche sulle problematiche della fertilità.
Le domande a cui dobbiamo dare una risposta sono:
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Il fibroma uterino o leiomioma uterino rappresenta la neoplasia ginecologica benigna più diffusa, presente fino al 30% della popolazione femminile, in età fertile.
La risonanza magnetica rappresenta la metodica d’immagini più accurata nell’identificare e localizzare i leiomiomi, grazie al maggiore campo visivo rispetto all’ecografia; inoltre, l’eccellente risoluzione di contrasto, specie nelle sequenze T2 pesate, permette una migliore visione delle varie zone in cui è suddiviso l’utero, potendo classificare le lesioni con maggiore accuratezza e precisione.
Sulla base della loro localizzazione topografica all’interno dell’utero, i fibromi sono classificati in sottomucosi, intramurali e sottosierosi; questa distinzione riveste un significato anche clinico e delle implicazioni terapeutiche.
Se desideri saperne di più, clicca qui [I primi sono i meno frequenti, ma sono associati a dismenorrea, metrorragia ed infertilità; se peduncolati possono protrudere nella cavità uterina; sono facilmente aggredibili per via isteroscopica. Gli intramurali sono i più frequenti, talvolta asintomatici, lo diventano per le dimensioni o per un loro sconfinamento verso l’endometrio; si possono presentare con dismenorrea, menorragia e sensazione di compressione addominale. I sottosierosi sono quelli che determinano la compressione delle strutture adiacenti: la vescica anteriormente e il retto posteriormente; se peduuncolati, possono andare incontro a torsione. Non sempre questa distinzione è così netta nella realtà].
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Ultimo articolo di aggiornamento per la serie dedicata all’HCC (epatocarcinoma). Segue da Aggiornamento n.4: patologia HCC epatocarcinoma.
I quadri multinodulari sono il pane del downstaging, che, ancora oggi, non ha una evidenza specifica, nonostante l’ampia pratica reale; occorrerebbe valutare l’aggressività tumorale per capire se deve fare o meno il downstaging (B1 e 2 sono candidati, mentre B3 e 4 non sono trattabili). Il quandro multinodulare è candidato al trapianto; la risposta alla terapia può essere un determinante per la biologia del tumore, valutata non solo sul dato TC, ma anche sulla risposta dell’alfa-feto (valori <400 sono associati ad un minore numero di recidive). Inoltre l’ingresso del criterio di urgenza, del gruppo sanguigno, dell’età del paziente aumenta la complessità delle decisioni.
La rete nazionale
Una rete nazionale è un buon metodo per avere più relazioni e avere più opzioni terapeutiche: occorre trasparenza nelle liste, stabilire il limite di età, segnalare la prevalenza delle recidive, stabilire un protocollo di downstaging e una lista di comorbilità, in grado di determinare una priorità. [Cillo Am J Transplant 2015]
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Segue da Aggiornamento n.3 sull’HCC: epatocarcinoma.
Non ci sono studi di confronto tra TARE e TACE, per cui non è possibile fare raccomandazioni. Nelle percentuali di sopravvivenza non si registrano significative differenze in percentuale tra le due metodiche; c’è una maggiore opsedalizzazione per la TARE e maggiori effetti collaterali.
1 TARE ha il costo di 8 TACE e di 5 DebTACE, per questo non può essere proposto come cura dello stadio B; ha quindi molto più spazio nei tumori in fase avanzata. Anche la TARE versus sorafenib non ha mostrato significative differenze percentuali nella sopravvivenza; nel controllo di malattia la TARE mostra un 81% contro il 46% del sorafenib; nella progressione del tumore tali percentuali diventano 53% e 72%; nella risposta obiettiva i risultati sono 62% contro il 9%).
Il confronto tra TACE e TARE è stato interrotto per carenza di arruolamento; si potrebbe proporre Sorafenib + TARE contro sorafenib.
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